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24/06/2015
Ora c’è una Pausa, ora non c’è più

Nelle ultime settimane c’è stata molta controversia sull’articolo di Thomas Karl et al. “Possible artifacts of data biases in the recent global warming hiatus”. Gli autori giungono alla conclusione che i loro risultati non supportano la nozione di un rallentamento nell’incremento delle temperature globali, in altre parole non c’è nessuna Pausa nel riscaldamento globale!

 
Leggendo l’articolo, le prime cose che saltano agli occhi sono i dataset utilizzati:

i dati usati nelle analisi primarie delle temperature globali sono stati ottenuti dalle osservazioni della temperatura dell’aria fatta da migliaia stazioni di terra e, per la copertura oceanica, da migliaia di navi commerciali e boe di superficie.

Per rappresentare i dati di terra sono state usate le stazioni di terra. Nessuna sorpresa. Se si vuole risalire fino alle temperature del 1950 o precedenti, non esiste altra alternativa. Ma queste serie di dati sono piene zeppe di problemi di ogni tipo, come una copertura spaziale incompleta, un posizionamento spesso inadeguato, una costruzione non adatta e molto altro ancora. Il margine di errore è molto ampio.

Se passiamo alle temperature oceaniche, i dataset usati sono quelli delle navi commerciali e delle boe. Per chi non lo sapesse, le temperature superficiali marine erano misurate lanciando in mare un secchio, caricandolo sulla nave e ficcandoci dentro un termometro per misurare la temperatura dell’acqua dentro al secchio. Più recentemente le misure sono effettuate prendendo la temperatura dell’acqua di raffreddamento che entra nei motori delle navi e tramite boe galleggianti. Anche qui non è una sorpresa se si vuole tornare parecchio indietro nel tempo. Non c’è alternativa. Ma anche questi dati sono afflitti da tanti problemi, come copertura estremamente parziale, cambiamenti nei modi di misurazione della temperatura, materiali differenti, navi differenti e chissà cos’altro.

 

L’elefante nella stanza è che i dataset ad elevata qualità come quelli satellitari, sono stati omessi (E certo… quelli mostrano una pausa di più di 18 anni, mica vanno bene). Entrambi i dataset utilizzati hanno il grosso problema della copertura spaziale. Quelli di terra dalle stazioni meteorologiche, collezionano dati per lo più in posti dove gli umani tendono a vivere. Quelli marini prendono le temperature sulle rotte battute dalle navi commerciali, nemmeno negli stessi punti né negli stessi momenti. La grande domanda è: quanto queste misure rappresentano realmente la temperatura superficiale media del pianeta? Quanto i secchi di acqua e l’acqua di carico dei motori rappresenta la temperatura superficiale degli oceani? Considerando che si sta parlando di riscaldamenti di decimi o centesimi di grado, il dubbio sorge spontaneo. Anche perché i dati più affidabili, quelli satellitari, sono stati omessi.

Secondo gli autori, le misure satellitari erano incluse in una prima stesura, ma sono stati omessi in seguito. Le analisi delle temperature di questo articolo sono dunque fondate su dati di scarsa qualità e di bassa rappresentatività. Con questo tipo di misure è anche difficile costruire un dataset di temperature consistenti e coerenti.

Questo mi ricorda l’asserzione per cui i livelli dei mari stanno crescendo in accelerazione, mentre le attuali misure non mostrano alcun segno di questo. Chi ha fatto queste ricerche, ha fatto delle deduzioni sulla base di dati mareali scarsi e incompleti, giungendo alla conclusione che i livelli dei mari erano più bassi in passato e quindi la loro crescita sta accelerando.

Sulle temperature vediamo esattamente la stessa cosa, un accelerazione del riscaldamento sulla base di dati storici scarsi e incompleti.

A dirla tutta, non ho alcun problema se ci sono risultati che contraddicono risultati precedenti, a patto che questi siano qualitativamente superiori. Ma non è quello che abbiamo qui. Nell’articolo di Karl abbiamo dati qualitativamente pessimi che contraddicono dati satellitari di elevatissima precisione. In questo caso, non sono molto impressionato!

Ma naturalmente i media diffondono tutt’altra notizia.

Il caso poi vuole che tutto questo capiti a ridosso della conferenza sul clima di Parigi che si terrà a dicembre. E con El nino sempre più forte, avremo, giusto giusto per Natale, un aumento sensibile delle temperature planetarie, stavolta anche dai dati satellitari. La pausa si interromperà sul serio, ed era questo che tutta questa gente aspettava. Io invece aspetto La nina che seguirà.

Se si dovessero avere dubbi sulla crescita delle temperature del nostro pianeta, basta guardare ai più robusti indicatori della temperatura esistenti: i ghiacci marini.

Globalmente la Pausa è confermata dalla quantità dei ghiacci degli ultimi venti anni:
 
e mentre l’Antartico continua ad infrangere un record dopo l’altro:
 

la ripresa dei ghiacci artici è incontrovertibile:

 

e d’altronde anche la stagione di fusione dei ghiacci groenlandesi è partita con un mese di ritardo quest’anno. Non certo un segnale di riscaldamento trentennale:

 

Ancora qualche dubbio? Allora prendiamo proprio i dati di terra utilizzati per la ricerca. Questo è il modo in cui vengono corretti:

 
 
Spettacolare, eh?

Ma per capire ancora meglio, questo grafico rappresenta la percentuale di giorni che hanno superato i 90°F durante l’estate statunitense:

come si può vedere sono diminuiti parecchio dagli anni 60 ad oggi. Ci si può stupire allora degli inverni da record assoluto che stanno colpendo il nord America anno dopo anno? Dov’ è il riscaldamento globale quando Boston viene sommersa da quasi tre metri di neve, battendo record secolari? Ah, già. Il Global Warming fa nevicare di più!

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