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10/06/2015
Global Warming ed età della Terra: una lezione sulla natura della conoscenza scientifica – Parte 1

Come fisico sono dispiaciuto ed un po’ allibito nel vedere che fra tutte le scienze, la scienza climatica, allo stato attuale, non è scienza ma economia e politica. Mi dispiace leggere gli articoli scientifici di persone affiliate a grandi organizzazioni, università o enti aerospaziali, e gettarle nel cestino come la spazzatura che sono. Due gradi si dice è il punto di non ritorno. Ma basta informarsi in proprio, vedere qualche grafico di temperatura globale degli ultimi 150.000 anni, o anche degli ultimi tremila anni, per gridare che il re è nudo. In inglese certi articoli li chiamerei “bullshit” ma in italiano non lo traduco, eppure ce li propinano ai più alti livelli come verità scientifiche, ma non sono altro che “bullshit”. Primo perché difficilmente, noi o i nostri figli vedremo un aumento di due gradi, secondo perché con due gradi in più vivremmo effettivamente molto meglio a livello di risorse planetarie.

Ecco un interessante articolo sulla natura della conoscenza scientifica del Dr. David Deming.

Il mondo sta sull’orlo di impegnarsi a ridurre le emissioni di CO2 tagliando drasticamente l’utilizzo di combustibili fossili. Se questa fatale decisione venisse presa, l’economia delle nazioni sviluppate, e meno tecnologicamente avanzate, sarebbe strangolata. La prosperità umana sarebbe ridotta e la nostra capacità di risolvere problemi sia umani che ambientali sarebbe notevolmente limitata. Ci dicono che queste catene devono essere imposte per fermare un ipotetico global warming che accadrà in un certo futuro. Ma per il momento possiamo osservare solo un debole riscaldamento, di meno di un grado celsius che rientra pienamente nelle oscillazioni naturali del pianeta.

La validità delle previsioni di GW dipende sulla questionabile accuratezza delle previsioni fornite dai modelli climatici informatici. Ma il sistema climatico terrestre è complesso e poco compreso. E la validità di questi modelli non può essere testata né dimostrata. Chiunque abbia un briciolo di comprensione dei limiti della conoscenza scientifica capisce che l’umanità sta ripetendo degli sciocchi errori storici. Abbiamo già percorso questa strada durante la metà del diciannovesimo secolo quando matematici e fisici finalmente risposero alla domanda “quanto è vecchia la Terra?”. A quel tempo la scienza “accettata” crollò come un castello di carte nel giro di pochi anni. I modelli matematici formulati per rispondere alla domanda si dimostrarono ridicolmente errati.

L’età della Terra è una delle grandi domande che ha intrigato le persone per secoli. Nel trattato “Meteorologica”, Aristotele (384-322 AC) asseriva che il mondo era eterno. Ma con l’avvento del Cristianesimo e dell’Islam, gli studiosi cominciarono ad assumere che l’umanità era coeva con la creazione del mondo e quindi che l’età della Terra poteva essere stimata dalle Sacre Scritture.

La prima persona che tentò di dare un stima dell’età della Terra fu lo scienziato islamico al-Biruni (c. 973-1050). al-Biruni basò la sua cronologia sulle scritture induiste, ebraiche e cristiane. Divise la storia del mondo in ere e concluse che erano passati meno di diecimila anni dalla Creazione.

Continuando con la tradizione, James Ussher (1581-1686) stimò l’età della Terra studiando meticolosamente la Bibbia ed altri scritti storici. Negli “The Annals of the World Deduced from the Origin of Time”, Ussher fissò la data della creazione nella notte precedente il 23 ottobre 4004 AC. La preparazione culturale di °Ussher era impressionante a le sue date vennero accettate come cronologia standard. Gli editori delle Bibbie cominciarono a mettere la cronologia di Ussher  ai margini del testo.

Isaac Newton (1642-1727), il più grande scienziato dei suoi tempi, fu anche un fondamentalista biblico, che credeva in una Terra giovane. Newton spiegava a suo nipote, John Conduitt, che la Terra non poteva essere vecchia perché tutta la tecnologia umana è recente. Newton, come Ussher, scrisse la sua cronologia che fu pubblicata postuma nel 1728: “Chronology of Ancient Kingdoms Amended”.

Le prime procedure per stabilire una data scientifica della nascita della Terra furono tentate nel diciassettesimo secolo dall’anatomista danese Nicolaus Steno (1638-1686), contemporaneo di Newton. Steno fu la prima persona ad affermare inequivocabilmente che la storia della Terra non può essere cercata nelle cronache dell’uomo, ma solo nella Terra stessa. I principi dell’investigazione geologica di Steno divennero la base per stabilire l’età relativa degli strati di roccia ed il fondamento della geologia moderna.

Armati con i principi di Steno, i naturalisti del diciottesimo secolo cominciarono seriamente a considerare le implicazioni degli strati di roccia successivi. Divenne evidente che per depositare quegli immensi strati, uno dopo l’altro, occorreva molto tempo.

Uno dei primi a riconoscere l’ampiezza temporale dei tempi geologici, fu il filosofo scozzese James Hutton ( 1726-1797). Nel 1788. Hutton fece un viaggio insieme al suo amico, il matematico John Playfair (1748-1819). Viaggiarono per le coste della Scozia fino a Siccar Point, dove Hutton espose la storia implicata dagli strati rocciosi lì presenti. Dopo aver ascoltato l’esposizione di Hutton, Playfair scrisse: “la mente rimane stordita guardando così lontano negli abissi del tempo”.

All’epoca in cui Charles Darwin (1809-1882) pubblicò “Origin of Species” nel 1859, i geologi erano dell’opinione che la Terra fosse, anche se non letteralmente, di età infinita. Con un tempo praticamente infinito a disposizione, Darwin fu in grado di invocare il lento meccanismo di selezione naturale per spiegare l’evoluzione della vita dai fossili ritrovati.

Per dimostrare la vastità dei tempi geologici, Darwin prese come esempio l’erosione del Weald, una scogliera inglese. Darwin assunse un tasso di erosione pari ad un pollice per secolo ed estrapolò un tempo di circa 300 milioni di anni per arrivare all’ammontare di erosione osservata.

Ma la stima di Darwin sul tasso di erosione di un pollice per secolo, era poco più che speculazione. Il numero non era supportato da alcuna osservazione scientifica o misurazione. Gli scienziati del diciannovesimo secolo non avevano a disposizione alcun mezzo per stabilire date geologiche. Le rocce della crosta terrestre potevano rappresentare il passaggio di dieci milioni di anni, come di cento o mille o decine di migliaia di milioni di anni.

Darwin ed i suoi colleghi geologi furono presto presi di contropiedi dal più grande fisico del diciannovesimo secolo, William Thomson (1824-1907), meglio conosciuto come Lord Kelvin. Thomson fu un fisico particolarmente dotato che possedeva un’enorme statura intellettuale. Pubblicò il suo primo lavoro scientifico all’età di sedici anni e fu appuntato come professore ordinario all’Università di Glasgow all’età di ventuno anni.

Il resto lo vedremo nella seconda parte!
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