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Meteo e non solo a Rocca Priora e Castelli Romani
Sono uno scettico climatico che crede nel global warming. Come è possibile? Si sa che gli scettici climatici chiamati a volte anche “negazionisti”, credono ancora che la Terra sia piatta e sono in disaccordo con il 97% degli scienziati climatici. Bene… prima di tutto molti di noi hanno visto un globo a sanno cosa rappresenta. Secondo, ma sapete su cosa sono d’accordo il 97% degli scienziati climatici? Se non lo sapete pazienza! La gente che fa certe dichiarazioni, per lo più politici, non lo sanno nemmeno loro. Si è tutti d’accordo che la CO2 è un gas ad effetto serra che riscalda il pianeta aumentando di concentrazione. La vera domanda è: quanto in fretta si riscalderà la Terra se non facciamo niente per fermare l’emissione di CO2? E quanto possiamo fermare il riscaldamento se tagliamo di un certo fattore le emissioni?
Quindi gli scettici su cosa sono scettici? E’ l’ammontare ed il tasso di riscaldamento globale provocato dall’uomo e stimato dall’ IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite) le asserzioni di alcuni giornalisti che vanno anche oltre con frasi come: “Il pianeta ha la febbre” o “le cose stanno peggiorando più del previsto”. Ma i dati mostrano che le temperature globali sono salite molto meno del previsto, anzi, i dati satellitari non mostrano alcun segno di riscaldamento negli ultimi 18 anni.
Dove c’è consenso
Ci sono molte aree dove gli scettici e gli allarmisti concordano.
Primo, l’idea di una “sensibilità climatica” ovvero un innalzamento stabile della temperatura media globale al raddoppio della CO2.
Secondo, molti sono d’accordo sulla stima di come i gas serra assorbono e rilasciano il calore che lascia la superficie terrestre e che un raddoppio della CO2 tratterrebbe all’incirca 3,5 watt in più per metro quadro. Questo dato si deve comparare con le misure satellitari che ci indicano una quantità di calore attuale che lascia il pianeta pari a 235 watt per metro quadro. Se 3,5 su 235 sembra un valore piccolo, è perché la CO2 assorbe solo nell’infrarosso e solo il 20% del calore che lascia la Terra è in quella banda che oltretutto è quasi saturata, tanto che un ulteriore raddoppio della CO2, tratterrebbe altri 3,5 watt invece di altri 7. Questo significa che un cambiamento dell’ 1% nell’emissione solare o un cambiamento del 7% nella copertura nuvolosa avrebbe lo stesso effetto del raddoppio della CO2.
Terzo, c’è consenso generale su quanto deve riscaldarsi il pianeta per compensare questo accumulo di calore: circa 1°C. Ma questo senza considerare la reazione dell’atmosfera e degli oceani.
Quali saranno le reazioni del clima a questo riscaldamento inziale è argomento di maggior scontro tra scettici e IPCC. Queste reazioni sono chiamate feedback. Quelli positivi amplificano qualunque cambio di temperatura, positivo o negativo da ogni causa, non solo per la CO2. Quelli negativi, diminuiscono il cambiamento. Il disaccordo più grande è sulla forza di questi feedback e sull’effetto delle nuvole. Le stime dell’IPCC sono per un riscaldamento da 1,5 a 4,5 gradi per ogni raddoppio della CO2, mentre per gli scettici siamo tra 0,5 ed 1,2 gradi per raddoppio. Inoltre l’IPCC usa un valore annuo di crescita della CO2 pari all’1%, mentre i dati mostrano un valore prossimo allo 0,5%. Questo valore porta il tempo di raddoppiamento della CO2 da circa 70 anni a circa 140.
L’IPCC ha abbandonato il semplice modello di bilancio energetico e feedback, per abbracciare dei modelli estremamente complessi in cui piccoli errori si propagano in errori enormi. Ci sono oltre 100 modelli di questo tipo che danno risultati diversi fino a tre volte sulle temperature future, ma tutti sovrastimano di parecchio le temperature rispetto ai dati osservati. Questa non è scienza ma cattiva pratica ingegneristica. Bisogna spezzare il problema in piccoli passi, ognuno dei quali deve essere verificato e corretto, altrimenti si producono solo modelli irrealistici. Ovvero, quale è l’errore nei modelli climatici che causano la sovrastima del global warming? Come si possono testare le correzioni senza aspettare 30 anni ogni volta?
Credo che la causa principale della sovrastima sia una combinazione di tre fattori:
2 – sottostima del feedback negativo dell’evaporazione oceanica
3 – feedback delle nuvole trattato come positivo quando invece è negativo
Per il vapore acqueo, che è un potente gas serra, i modelli climatici prevedono un incremento del 7% per ogni grado di riscaldamento. Ma i dati estensivi di oltre 30 anni da 15000 stazioni, mostrano un incremento di circa il 5% per grado. Inoltre il vapore acqueo assorbe anche la radiazione solare in arrivo, riducendo la quantità che raggiunge la superficie. Questi due fatti tagliano a metà il fattore di feedback positivo del vapore acqueo in atmosfera.
Riguardo l’effetto di raffreddamento dell’evaporazione oceanica, la maggior parte dei modelli prevedono un incremento di meno del 3% per grado di aumento, mentre applicando la semplice fisica di base si arriva ad un valore più che doppio pari al 6%.
Per finire i modelli stimano un effetto di feedback positivo per le nuvole perché serve per spingere l’iniziale riscaldamento pre-feedback di 1 grado fino ai livelli medi stimati dai modelli. Ma è molto probabile che l’aumento dell’evaporazione e del vapore acqueo, aumentino la copertura nuvolosa con un effetto di raffreddamento netto.
Usando un semplice modello di bilancio energetico, con questi feedback corretti e gli assorbimenti dai gas serra comunemente utilizzati, si ottiene un valore di riscaldamento tra 0,6 e 0,9 °C per raddoppio della CO2, molto meno di quanto previsto dall’IPCC che va da 1,5°C a 4,5°. Anche l’incertezza è inferiore, pari a solo 0,3°C contro i 3°C dell’IPCC (un fattore 10!) questo perché non ci sono tutte le incertezze legate all’assurda complessità dei modelli usati dall’IPCC.
Circa un grado di riscaldamento nei prossimi 140 anni non sembrano un grande problema, oltretutto il riscaldamento impiegherà ancora più tempo a causa dell’accumulo di calore negli oceani. Inoltre, sia i modelli semplici che i dati mostrano che la maggior parte del riscaldamento avverrà nelle notti invernali delle latitudini più fredde. Infatti, in queste condizioni, c’è meno vapore acqueo a competere con la CO2 per trattenere il calore. Un esempio è Minneapolis in Minnesota situata a 45° di latitudine. Circa la metà dei record di caldo di luglio sono stati fatti negli anni 30 e solo 3 negli ultimi quindici anni. Invece circa l’ 80% dei record di freddo in gennaio sono stati fatti dal 1875 al 1950. Il clima si è addolcito. Inoltre, temperature più calde portano più precipitazioni e siccome la CO2 è il cibo delle piante, si avranno raccolti migliori.
In ogni caso questa variazione di temperatura indotta dalla CO2 è molto inferiore alle variazioni di temperature naturali a cui è soggetto il pianeta su scala secolare e millenaria.
Scavando in profondità – ma veramente la CO2 intrappola il calore?
Abbiamo sentito che la CO2 intrappola il calore nell’alta atmosfera come una sorta di coperta che copre ogni cosa e diventa sempre più spessa man mano che sale la concentrazione, intrappolando sempre più calore. Per fortuna non è così semplice e nemmeno così catastrofico.
La figura sopra è tratta da un articolo citatissimo, ed incluso dall’IPCC, intitolato “Earth’s Annual Global Energy Budget” di Kiehl e Trenberth del Bulletin of the American Meteorological Society, 1997, con le notazioni aggiunte.
La curva più alta mostra come varia l’intensità del calore che lascia la superficie della Terra al variare della lunghezza d’onda nell’infrarosso. La curva più bassa, seghettata, è il calore che lascia l’alta atmosfera verso lo spazio, in condizioni di normale nuvolosità. L’area sotto le curve è il calore totale in watt per metri quadri. Da notare la grossa tacca tra i 12 ed i 18 micron, nel calore che lascia l’atmosfera causata dalla CO2. E’ a causa del potentissimo potere assorbente della CO2 il motivo per cui il calore non riesce a disperdersi nello spazio a quelle lunghezze d’onda, finché la densità delle molecole non crolla significativamente, in alta atmosfera, dove le temperature viaggiano intorno ai -50°C. Ed ecco il perché del basso tasso di emissione.
Se l’ammontare della CO2 aumenta, l’altitudine di fuga del calore sale, con la conseguenza di un ulteriore abbassamento delle temperature e della perdita di calore. L’area della grande tacca della CO2, sotto la linea tratteggiata, è di circa 22 watt per metro quadro e rappresenta l’impatto totale della CO2, data la coesistenza con le nuvole ed il vapore acqueo. Il raddoppio della CO2 in 140 anni, porterebbe questa tacca a muoversi verso il basso ed incrementare l’area di circa 3,5 watt per metro o del 16%. Quando la perdita di calore si abbassa, siccome il calore netto che arriva dal sole rimane lo stesso, l’atmosfera guadagna calore e si riscalda di circa 1°C per compensare e far ritornare l’emissione a 235 watt recuperando l’equilibrio. Un atmosfera più tiepida riscalda anche la superficie di circa 1°C e questo è tutto ciò che fa la CO2. E lo fa molto lentamente. I processi di feedback possono rallentare o accelerare questo fenomeno, come per tutti gli altri ben più importanti cambiamenti della temperatura planetaria.
Richard J. Petschauer